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Hieronymus Bosch La cura della follia |
“Conosci te stesso
e conoscerai l’Universo e Dio”
(Iscrizione nel Tempio di Delfi)
Non
è facile imparare a camminare, soprattutto quando bisogna reimparare; si cade e
ci si rialza, e si cade di nuovo. La Forza sta nel rialzarsi ogni volta. Il
cammino è sempre pieno di pericoli: rovi che graffiano l’anima e la fanno
sanguinare e piangere, spine di vario genere, animali selvatici affamati,
mostri.
Per
la maggior parte si vive in una condizione di inconsapevolezza sia di se stessi
sia di ciò che ci circonda. Il mondo, inteso come pianeta, è un essere vivente
con una propria anima che mai è stato rispettato e mai abbiamo rispettato noi
stessi, non abbiamo mai voluto ascoltare quella voce che ci parlava, ci parla (e
non era e non è la nostra coscienza) ci consiglia, l’abbiamo sempre zittita e
indichiamo come pazzi chi dice di sentirle. In realtà, quale è la normalità?
Ognuno
ha al proprio fianco un maestro che lo segue fino a un certo grado e poi lascia
il compito a un altro maestro, e così via. Bisogna risollevarsi dalla caduta
nella materia piuttosto che impastoiarsi in essa e agitarsi. Certo è difficile
liberarsi dai desideri in un luogo in cui il desiderio comanda e tutti
obbediscono, però bisognerebbe almeno provarci, iniziando a chiederci se ciò
che proviamo è un reale bisogno o è solo una cosa indotta dal fatto che qualcun
altro ha un qualcosa che noi non abbiamo; il fatto è che vorremmo possedere tutto.
Si deve imparare a guardare direttamente negli occhi, prima di tutto nei
nostri.
Veramente
non dobbiamo puntare a liberarci da ciò che proviamo, dai desideri, perché sono
essi che ci spingono alle esperienze e da queste l’insegnamento che ci serve in
quel determinato momento. Dobbiamo liberarci dal desiderio altrui e non
renderci schiavi dei nostri. Se la nostra anima ha deciso di assumere questa
forma fisica, questa forma energetica, un motivo ci sarà. Non dobbiamo fermarci
sulla superficie delle cose e delle persone, sulle apparenze. Il nostro sguardo
si ferma sempre sulla superficie senza pensare minimamente di andare oltre.
Quando si incontra qualcuno, anche se non lo si conosce, non fermarsi su quello
che si vede, ma provare a osservare che cosa c’è in lui, attorno a lui. Per far
questo si inizia da se stessi, il punto di partenza siamo noi, abbiamo questa
responsabilità: centri di energia incompresa.
Energia
incompresa perché essa è dentro di noi e nemmeno lo sappiamo, nemmeno la
percepiamo; molte volte circola in maniera contratta, rigida, il più delle
volte è ferma. E i limiti li abbiamo posti noi, abbiamo voluto relegare
l’inconscio all’incoscienza, gettandovi sopra tanto di quel materiale che ci
siamo convinti della sua inesistenza o che là non ci fosse nulla, a parte
dispiaceri e traumi.
Questo
è vero solo in parte. Una volta che i fatti spiacevoli della vita, ogni volta
che ci ricordiamo di ciò che non vorremmo ricordarci, vengono a galla, alla
coscienza, non dovrebbe esserci più nulla o quasi, e invece è proprio ora che
inizia il vero viaggio, un viaggio nel vero proprio essere, trasformandoci
lentamente. In quel pozzo senza fondo c’è una fonte inesauribile di energia che
crea in continuazione, ma esiste ancora la struttura del conscio. Finché esiste
si tenderà a gettare tutto in quel pozzo, quasi fosse un cestino per le
cartacce.
Allora
si arriverà al crollo delle strutture del conscio in bagliori di luce
accecante, ma anche pericolosa se non si tiene presente a se stessi di essere
infinitamente piccoli nell’infinitamente grande. Non è facile incontrare se
stessi, potrebbe accadere di non riconoscersi perché non ci si accetta e non si
accettano gli impegni che la nostra vera natura implica, l’impatto energetico
non è indifferente, è sempre devastante, in senso positivo e negativo. E da qui
si inizia la comprensione del vero proprio essere, le diverse vie, i vari
sentieri, i piccoli paesi e le grandi città, le loro popolazioni, che
svaniranno e ritorneranno, sempre diversi eppure sempre uguali, a meno che non
giungano dall’esterno. Ma esiste differenza tra interno ed esterno?
Ed
è qui, in un momento di particolare abbandono, che con gli occhi della mente si
può incontrare il Nucleo Primordiale, che è il centro di se stessi. Forma non
forma di energia compatta allo stato puro di luce tangibile e densa. Talmente
profonda da essere indescrivibile e qualsiasi cosa si scriva, qualsiasi parola
si utilizzi, non si capisce, è fuori da ogni concetto. E anche il termine
Nucleo Primordiale non è che parola.